Foto escursione tour dell'Argentera (Val di Gesso)
Selvaggio Argentera
Di questo trekking ricorderò l'improvvisazione e l'adattabilità che abbiamo avuto, io e Lionella.
Ricorderemo quello che abbiamo fatto e quello che non abbiamo fatto del programma iniziale, ma quando la zona è così bella e affascinante... trovare alternative, desiderare di fare è un'imperativo a cui è difficile sottrarsi.
Selvaggio Argentera, dicevo, e selvaggio... quasi d'altri tempi... è stato il trekking.
Abbandonata l'idea di arrivare al rifugio Remondino attraverso un'impervio passaggio , la Bassa Madre di Dio, causa maltempo, siamo giunti al Gias delle Mosche, in Val di Gesso, a mezzogiorno attraversando diversi acquazzoni lungo la strada... ancora in auto per fortuna. Al parcheggio poca pioggia, la salita, sdrucciolevole, non risulterà complicata.
Selvaggio Argentera.
Arrivati al rifugio scopriamo che siamo gli unici ospiti, il bel tempo inizierà l'indomani: lo staff al completo è costituito da persone simpatiche che ci fanno sentire come a casa, non ci sentiamo ospiti.
Alla sera, terminato di piovere, arrivano i rifornimenti: a dorso di mulo, come in un'altro secolo. Chi li conduce è un personaggio affabile, sorridente e molto cordiale accompagnato da un cane grigio e bianco come l'Argentera, mite e affettuoso come i due muli che, carichi, hanno percorso la salita... non per la prima volta.
Ci sentiamo privilegiati ad essere lì, testimoni di una vita antica, la civiltà è dietro l'angolo certamente, ma in questa valle ce se ne dimentica facilmente della sua esistenza.
Il selvaggio Argentera nasce pieno di colori che iniziano a sconfiggere l'ombra della notte stellata che ci ha ricoperto. Ben presto la tecnologia cede il passo a questo mondo antico fatto di sassi e ghiaie, di muli e di nubi che svelano dopo aver nascosto... quasi che la valle nasca in quel momento dall'abbraccio del Tempo.
Niente segnale telefonico, ben presto anche la scheda SD della reflex termina di funzionare: rimane il cellulare per testimoniare i nostri passi, anche se quei panorami non verranno facilmente dimenticati.
Anche la giornata odierna viene modificata: niente bivacco Baus e passo dei Detriti, un passaggio a sfiorare i 3000 metri lungo la via di salita all'Argentera e giù alla seconda tappa del trekking. Una via selvaggia e isolata, percorsa principalmente da chi poi si cimenterà con la cima. Il giorno appresso abbiamo fatto poco, decidiamo di giungere al rifugio Morelli-Buzzi per la via più lunga, per il passo Brocan e il rifugio Genova-Figari: è una lunga traversata, ma abbiamo voglia di "perderci" tra queste montagne e non di arrivare velocemente a destinazione.
"Perderci" è un'immagine poetica post-escursione.
Perderci un momento di smarrimento vissuto sulle verticali pietraie che ci hanno condotto alla conca dove sorge il rifugio sulle sponde del bacino del Chiotas.
Fino al passo Brocan la salita è risultata piacevole, qualche smarrimento dei segnali ma evidenti pali segnavia a illustrarci le molteplici possibilità di itinerari che avevamo davanti.
Al passo usciamo nella luce del giorno frizzante, la pietraia pronta per noi.
Dopo aver costeggiato un'avvallamento ghiacciato vediamo la conca che ci attende, la discesa verticale su ghiaie e sassi incastrati l'un l'altro: le stagioni hanno giocato e si sono contese il territorio aspramente. Lo si capisce dal masso rovesciato: scherzo di un cartografo giocoliere o mutamenti stagionali?
Il nostro senso civico ci induceva a risolvere la situazione, riposizionandolo... diciamo che siamo stati interrotti dall'apparire dei numerosi e quieti abitanti e ce ne siamo dimenticati.
La direzione era semplice, giungervi un rebus: unire i puntini come sulla Settimana Enigmistica tra un segnavia e l'altro non è stato semplice e ben presto abbiamo dovuto improvvisare, scendendo a zig-zag lungo il pendio. Davanti a noi la pietraia crollava in ripide pareti, impossibili da discendere, ma ben presto siamo riusciti a trovare il bandolo e a riportarci sul sentiero. Per non disturbare gli stambecchi abbiamo smarrito il sentiero: ne è valsa la pena, però.
Mi piacciono le pietraie, mi piacciono molto le pietraie inclinate dove senti che il passo risulta sicuro, la pietra aspra che ti accoglie, ti consente di creare un tuo percorso: se la giornata era selvaggia, che selvaggia sia la via!
Pausa al rifugio Genova-Figari 2015 m
Finalmente la discesa, conclusa, ci mette di buonumore... in realtà non abbiamo mai perso il buonumore, qualche attimo di smarrimento forse, ma il pietrone rovesciato è stato il grimaldello che ci ha riconquistato e fatto tornare ad apprezzare quanto fatto e quanto visto. La segnaletica è importante, sopratutto nei territori selvaggi.
Dopo la pausa... che dire... bisognerà solo raggiungere il rifugio Morelli-Buzzi.
Costeggiando la diga del Chiotas iniziamo a incontrare diverse persone che salgono all'incantevole rifugio: lasciata l'auto al lago delle Rovine la salita non è molto faticosa e quindi la zona si popola.
Noi percorriamo la massicciata della diga e iniziamo la salita al colle del Chiapous.
Sarà una salita impegnativa, snervante, senza soste... percorsa quasi in silenzio. La discesa sulla pietraia, il rilassamento al rifugio, l'ora centrale della giornata e l'assenza totale di ombra ci aggrediscono e, sì, patiamo la fatica più del previsto.
Lasciamo il bacino del Chiotas che si popola sempre più e torniamo nella zona selvaggia che tanto amiamo: vedere il rifugio ci cambia e la discesa ad esso diventa leggera.
L'Argentera è tra noi e la nostra auto, ma raggiungerla, come avevo previsto attraverso il passo del Suffi, sarà una traversata che farò in futuro: le indicazioni ricevute al rifugio, contraddittorie tra i vari intervenuti, ci hanno creato troppe perplessità (segni sbiaditi/segni sempre evidenti... erta salita erbosa con rododendri a cui è necessario appigliarsi/erta salita difficile ma su erba umida... boh!).
Decidiamo per un finale di trekking più turistico, la splendida giornata che abbiamo difronte colora di rosa la pietra lontana.
Scendiamo a Terme Valdieri e saliamo al vallone del Valasco, da cui manco da più di vent'anni: la Casa di Caccia era un rudere, da qualche anno rinata a rifugio con i colori occitani.
Argentera e Val Formazza, le mie due insidiose proposte per trovare un'alternativa al conosciuto Gruppo del Brenta, all'Adamello e alle Dolomiti in genere. Due luoghi piemontesi: il primo a sud con le prime Alpi, le Marittime, la seconda all'estremo nord incuneata nella terra dei walser.
Il rifugio Valasco e, sull'alto pianoro sotto il Monte Matto, il rifugio Questa 2388 m al lago delle Portette.
Tornando, dopo una breve sosta, incontriamo il sorridente conducente dei muli: ci riconosce... ci fa molto piacere conversare con lui. E' una persona davvero a modo e ci apre un mondo di possibilità da realizzare in quella valle che è davvero un peccato andarsene... ma la strada è ancora tanta e il tempo poco.
Scendiamo nuovamente a Terme Valdieri, salutando persone su persone che salgono al rifugio: visto l'orario pochissime proseguiranno per il Questa.
Lungo la strada carrozzabile che ci riporta al Gias delle Mosche auto parcheggiate in abbondanza... due giorni prima nessuna.
Pioveva, era l'Argentera Selvaggio... quello che ci è rimasto nel cuore.
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