Foto escursione al Santuario della Madonna della Corona e Vajo dell'Orsa: itinerario di fede e discesa per esperti rassicurati

Il Lago di Garda offre sempre destinazioni interessanti dal punto di vista paesaggistico, escursionistico e storico: questo è un itinerario religioso, di fede e, per molti come abbiamo scoperto, di grande devozione, tanto da percorrerlo ogni sabato dell'anno.
Come poi si sarebbero comportati quanto il sabato fosse coinciso con una festività religiosa, non l'abbiamo chiesto: il solo fatto di recarsi ogni sabato per effettuare la salita al santuario c'era già sembrato un voto, un itinerario devozionale così grande che il rispetto provato non ci ha fatto pronunciare domande maliziose.
Il Santuario della Madonna della Corona sorge incastonato nella parete montuosa, visibile per un breve istante mentre si sfreccia sull'autostrada del Brennero mentre si torna dalle montagne, in un punto dove spesso si è costretti a rallentare per il traffico.
Devi sapere che lì, sotto il ciglio della montagna, sorge una piccola chiesetta con annessi alcuni edifici che un pò si confondono con la pietra. Non ha un'aspetto sfarzoso, è una chiesetta semplice ed è la sua collocazione che attira lo sguardo, che muove la curiosità di salire a vedere da vicino quest'opera.
La salita inizia da Brentino, un piccolo paese ai margini dell'autostrada. L'interesse che sempre più muove le persone a esplorare questo nostro paese ha costretto la comunità a dotarsi di parcheggi adeguati, ma noi, in quel sabato di inizio ottobre, non abbiamo avuto difficoltà nel trovare parcheggio: la maggior parte dei visitatori partono dal paese di Spiazzi, che sorge sul ciglio della parete a cui il santuario s'è caparbiamente aggrappato. Da Spiazzi il percorso è breve, da Spiazzi parte una navetta che porta alle soglie del santuario per facilitare ancor più i viandanti.
Noi, come pellegrini antichi e moderni, siamo saliti dal basso, dal percorso più lungo e faticoso assaporando l'attesa, cercando di vederlo ingrandire via via che i gradini, un numero davvero impressionante, si snocciolavano come grani del rosario Mistero dopo Mistero fino alla Via Crucis finale.











Eccolo finalmente il Santuario e lassù si intravvede l'edifico da cui, anticamente, venivano calati i rifornimenti voluminosi, un montacarichi al contrario: lassù le comodità di una vita operosa che si spostava facilmente, quaggiù una vita fatta di silenzi e scomodità, da cui può nascere e prosperare la contemplazione e la fede.
Ovviamente l'edificio che contempliamo ora non ha nulla a che vedere con la chiesa che qui sorse, con datazione incerta, tra il 1200 e il 1400. Nuove chiese e nuovi edifici sono sorti l'uno sul precedente, fino all'attuale monastero edificato a metà degl'anni "70 sempre sugli edifici precedenti che furono quindi smantellati.
Ma tutto questo non ci deve far rivalutare e sminuire questo santuario: la sua collocazione così isolata, impervia e facilmente difendibile ci riporta all'anno Mille o giù di lì, l'ingegnosa carrucola di legno che dall'alto poteva rifornire i monaci è chiaramente un'ingegneria medioevale, perché nessun monaco moderno avrebbe costruito una chiesa lassù, poco visibile dal basso e difficilmente raggiungibile a piedi.








La cripta










Terminata la visita, dopo aver atteso pazientemente che la messa giungesse alla conclusione, siamo ridiscesi sul Sentiero del Pellegrino fino a un bivio da cui si diparte un sentiero, definito mi per escursionisti esperti, che s'inoltra nel Vajo dell'Orsa.
I vaj, in dialetto vicentino, sono delle spaccature particolarmente verticali nella montagna, dei canaloni le cui pareti incombono fino a stritolarlo.
L'Orsa speravamo chiaramente di non incontrarla.
Il sentiero scende con costanza fino a un ponte sospeso (di tibetano aveva solo le bandierine colorate) su cui ci siamo immortalati sorridenti: di difficoltà da escursionisti esperti neanche l'ombra!



Salti d'acqua sicuramente rinfrescanti



Tanta era la nostra voglia di sentirci esperti che abbiamo guadato il torrentello affidandoci al cavo teso tra sponda e sponda: non c'era nulla di particolare dall'altra parte, solo noi prima di qui e poi di là.



Dopo un abbraccio vegetale, siamo sbucati a Malga Orsa, un'imponente malga abbandonata e recintata per sicurezza visto lo stato di abbandono che l'ha resa pericolosa e pericolante. Sapevo che sarebbe stata chiusa, ma non mi aspettavo di trovarla così. Peccato, una sosta contemplando la cresta del Monte Baldo e cercando di indovinare che punto stavamo osservando ci avrebbe fatto piacere.





Dopo essere ritornati brevemente sui nostri passi abbiamo deviato per la Valle delle Pissotte, quelle piccole vasche naturali che raccolgono l'acqua e la cedono alla successiva (come avevamo visto nei pressi del ponte metallico... non ce la faccio a chiamarlo tibetano!).
Il sentiero continuava a inoltrarsi nel bosco senza nessuna fretta di portarci a valle: stavamo andando nella direzione giusta ma con tranquillità, come a passeggio.
Fino a che ha iniziato a scendere.
E che discesa!
Tutto d'un botto siamo usciti dal bosco e ci siamo trovati sul fianco della montagna: dal morbido sentiero di foglie siamo passati al sentiero roccioso pieno di pietrisco instabile. Fino a quel punto avevamo beneficiato della frescura dell'ombra del bosco, ora eravamo sferzati dal sole che non s'era ancora accorto che avevamo cambiato mese ed eravamo ad ottobre, che non è proprio un mese estivo.


Tra una scivolata e l'altra ci siamo ritrovati giù, sani e salvi, sull'asfalto: davanti a noi la Valle dell'Adige e filari di uva rossa.
C'era uno stretto sentiero che calava velocemente verso gli ultimi edifici di Brentino, ma eravamo stufi di tener contratti i muscoli delle cosce per gestire la discesa, per cui ci siamo incamminati lungo l'asfalto e siamo giunti a un ristorante un pò fuori percorso... ma la strada per rientrare l'abbiamo trovata, non segnata ma inequivocabilmente nella direzione corretta.




Ritornati a Brentino, poco prima del vicolo da cui avevamo iniziato al salita, abbiamo fatto sosta in una piazzetta con una fresca fontana dominata da un imponente castagno, di quelli che fanno frutti grossi e amari. E' lì che abbiamo conosciuto l'animatrice del gruppo che tutti i sabati sale al Santuario per devozione.
Ci ha illustrato la loro iniziativa, aperta a tutti e con partenza alle ore 15:00 da quella piazzetta, con estrema serenità in piedi sotto l'albero... incurante delle castagne che cadevano come bombe spinose. Ne siamo rimasti colpiti, dall'iniziativa non dalle castagne: mantenere un'impegno nel corso del tempo è sempre ammirevole, qualunque siano le motivazioni che vi sono alla base.
Costanza e perseveranza spesso ci difettano.

Anche questa volta il Lago di Garda ci ha regalato una giornata varia e speciale... e non sarà di certo l'ultima.

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