Foto escursione Monte Zeda: la tappa del Parco Nazionale della Val Grande

Ora che mi accingo a raccogliere le idee e a cercar di spiegare una giornata trascorsa in montagna, mi accorgo, guardando tutte assieme le foto che ho scelto... che è stata una giornata davvero strana.
Per prima cosa devo ammettere che avevo un'immagine distorta del Parco Nazionale della Val Grande, l'unica area wilderness del nostro paese: "Data la caretteristica del parco di area selvaggia e impervia, la percorrenza dei sentieri, alcuni dei quali difficili, pericolosi e ancora non segnati, deve avvenire, soprattutto da parte di chi non conosce la valle, con la massima prudenza e con accompagnatori esperti" dice l'introduzione al sito del Parco. Mi attendevo quindi una grande carenza di sentieri, quelli presenti maltenuti, assenza o forte carenza di indicazioni e, ovviamente, nessuna tabella orientativa.
Ho trovato invece un'area montana ben organizzata, con chiare indicazioni e con innumerevoli sentieri ben visibili. Di certo uscire dai sentieri segnati comporta dei rischi, ma questo in tutte le aree montane e se non si è esperti e non si conosce bene la zona è sempre meglio farsi accompagnare (incontro molti escursionisti che chiedono informazioni e sono sprovvisti anche di cartina). 
Non ho quindi trovato quell'avventura, quell'itinerario che mi mettesse alla prova, che mi facesse comprendere la differenza tra le montagne che frequento di solito e quest'area, questo Parco Nazionale, quest'enclave wilderness che vuole differenziarsi, essere d'esempio per altre aree... alcune troppo sfruttate dal turismo.
La stranezza che avverto riguardando le foto è dovuta al ricordo che si materializza dentro di me, quella sensazione che emerge da sotto la coltre della giornata trascorsa in ottima compagnia, della lunga fatica della giornata, delle risate, del sole, anche del mancato panorama del Lago Maggiore e della novità del luogo: l'attesa.
E' l'attesa che avverto guardando le foto.
L'attesa di escursionisti come noi che sono prossimi ad arrivare, che forse sono dietro di noi, fuori dal nostro campo visivo.
L'attesa di un territorio che è pronto a rifiorire, rigoglioso e colorato, non appena la primavera, quella vera fatta di acquazzoni e arcobaleni, spingerà fortemente la terra a rinascere.
L'attesa carica di silenzio, un silenzio che neppure gli animali s'erano mossi per infrangerlo.
Tutto è in ordine e pronto: silenzio, una giornata fatta di silenzio... e questi alberi, privi di foglie, quasi spettrali.








Giunti al passo di Folungo, evitiamo le evidenti deviazioni che ci avrebbero portato velocemente in cima e seguiamo, pedissequamente, la larga strada che sale: siamo partiti molto presto e, dopo la pausa per far colazione a Verbania, la salita stradale è stata impegnativa e tortuosa. Abbiamo bisogno di spaziare con lo sguardo e cerchiamo di scorgere il lago Maggiore, il Verbano, tra l'azzurro tenue della foschia che omogenizza i colori della pianura, mascherandolo un pò.
Confidiamo di poterlo ver meglio più tardi.




Bivacco Pian Vadà



Curiosiamo dentro il bivacco sbirciando dalle finestre: la collocazione è davvero pregevole: la sua particolarità è di poter essere prenotato, ritirando le chiavi il giorno stesso in valle, avendo così la certezza di trovare posto per la notte. Ne parliamo, potrebbe essere una nuova "avventura" concatenando poi altre cime oltre allo Zeda che è davanti a noi, un fianco ancora innevato. 
Continuiamo lungo la strada militare, la seguiremo fin che potremo.






Zeda giunto prima di noi in cima al "suo" monte, il suo padroncino orgoglioso di aver distaccato i nonni.




Fa caldo e freddo assieme: il vento fa rabbrividire anche la neve.


La discesa diventa interessante, un cambio di prospettiva che non vogliamo sprecare e quindi, finita la cresta innevata da cui ci siamo tenuti prudentemente lontani, abbandoniamo la strada tranquilla percorsa all'andata per il sentiero più diretto, più roccioso.
Incontriamo anche due tratti attrezzati con catena: nulla di impegnativo, ma utilissimi per scendere in sicurezza.




La Vedetta


Le Vene


Il Bosco Spettrale



... ed infine l'arrivo.
Stanchi, la discesa per la cresta e per il sentiero sono stati impegnativi anche per il fondo viscido dovuto alla neve mischiata con l'erba... la strada, facile e defaticante all'inizio, alla fine è diventata interminabile curva dopo curva: quest'arrivo tra due ali d'alberi mi è parso quello di una tappa ciclistica, dove avrei dovuto alzarmi sui pedali e bruciare tutte le ultime energie.
Stanchi, certo, tra dislivello e chilometraggio è stato faticoso ma lasciamo questi luoghi con la promessa di ritornarci per trascorrere una notte al bivacco, perchè qualche cosa mi è mancato e vorrei tanto ritrovarlo.
Rimango sempre stranito quando luoghi così interessanti come questo sfuggano all'attenzione di molti e rimangono, per lo più, frequentati dai locali... come la famigliola incontrata lungo il cammino fino in cima. Noi partiamo presto, facciamo tanti chilometri e, qualche volta, rientriamo a casa tardi ma arricchiamo i nostri occhi con panorami sempre nuovi, senza mai esaurire la curiosità di conoscerne altri.

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