L'imprevisto (pubblicazione Lulu.com)
Un vento impietoso
alzava nuvole di polvere e foglie che s’involavano in spirali infrangendosi
contro i pochi passanti infastiditi, a quell’ora del primo pomeriggio di un
giorno di fine estate.
La chiesa era fredda
nonostante la folla che la
riempiva. Erano accorsi in molti a rendere l’ultimo saluto ad
Adriano Arnolfi, morto tragicamente in un banale incidente d’auto, uno dei
tanti che accadono quando meno te l’aspetti.
I parenti, gli amici, i
colleghi e i tanti conoscenti che lo avevano sfiorato durante la sua breve
vita, s’erano raccolti in quella piccola chiesa fuori la città dove, per
intercessione di uno zio prete, era stato possibile celebrare il funerale
nonostante l’evidente e conosciuta intolleranza che il defunto aveva per
l’ordinamento religioso.
In prima fila avevano
preso posto i parenti stretti solo per dovere, atteggiamento che manifestavano
continuando a voltarsi per controllare chi era intervenuto.
La vedova era sorretta
dalla cognata, con il fratello del defunto che, rigidamente, controllava a
stento le lacrime.
Gli amici facevano
crocchio, confabulando tra loro e commentando. Il gruppo dei colleghi era ben
riconoscibile: non piangevano, era composto da persone che non erano
necessariamente ben assortite e avevano premura di andarsene
I curiosi… beh, quelli
entravano, guardavano la folla raccolta, ne controllavano ad occhio il numero e
se ne andavano. Venivano trattenuti solamente se avveniva uno svenimento o se
qualcuno manifestava troppa commozione: i soliti cacciatori di tristezza che si
beavano di essere ancora scampati alla sorte.
Tutto proseguiva come
un copione scritto da millenni: l’Ultimo Saluto a un corpo privo di vita e
insensibile alla recita che si stava consumando attorno a lui.
Il rito era iniziato,
la parte religiosa era condotta dal vicario residente che officiava solo dietro
le pressioni ricevute, visto che non conosceva il defunto e voleva terminare,
nel rispetto della funzione, nel più breve tempo possibile. In considerazione
del folto gruppo presente, superate le letture e compiuta l’omelia standard,
considerò opportuno dare spazio agli intervenuti che volessero dire qualche
parola sul defunto.
A quel punto
l’imprevisto pensò di partecipare.
Una brezza leggera
sfiorò il volto della vedova, giovane e carina, accarezzandole gli occhi
lucidi.
L’umidità esaltò quel
fresco bacio leggero, facendole scorrere un brivido lungo la schiena.
Alzò il capo, cercando
con lo sguardo l’origine di quel tocco, scrutando il viso annoiato dei
chierichetti, soffermandosi sul sacerdote.
«Vuole dire qualche cosa, mia cara?»
Un leggero movimento
del capo fu la sua debole risposta, mentre con gli occhi continuava a cercare
l’origine di quel soffio inquietante.
Ma l’imprevisto non era
ancora sazio, giocò ancora una volta con la sua persona, accarezzandola prima
di manifestarsi.
Passi decisi di tacchi
che risuonarono metallici sul marmo della navata, crebbero lentamente
d’intensità favoriti da quella pausa di silenzio in cui, la vedova, negò la
disponibilità a salire sull’altare per raccontare ai presenti quanto grande era
il proprio cordoglio. Quel ticchettare ritmico risuonò come una marcia
militare, suonata da un unico componente: un’avvenente figura femminile avvolta
in un tubino nero che si avvicinò all’altare, seguita dagli sguardi incuriositi
dei maschi e contrariati delle loro compagne invidiose. Prendendo posizione al
leggio di legno intagliato, della donna si vedevano solo le gambe fasciate da
calze nere, mentre il viso era deturpato da un paio di occhiali da sole
alquanto grandi, che non le rendevano giustizia: le due lenti bombate
sembravano due bulbi oculari sporgenti e mostruosamente grandi. La sua voce,
quando iniziò a parlare, era bassa e leggermente roca e non mostrava che una
forte emozione a stento trattenuta.
«Caro Adriano, siamo tutti raccolti per
testimoniare l’affetto che ti abbiamo sempre manifestato in vita e che tu hai
sempre ricambiato con la serenità del tuo carattere. Lasci un vuoto in noi che
si colmerà con difficoltà. Solevi dire che la vita deve andare avanti senza mai
fermarsi, che quello che facciamo rimane a testimoniare la nostra presenza in
maniera indelebile. Molti, cari ricordi custodisco nel mio cuore. Addio, quello
che hai fatto e ciò che ci hai dato rimarrà nostro, per essere gelosamente
custodito»
La voce non tremò durante il
breve e toccante discorso, come non tremò il passo mentre si allontanava
dall’altare sotto gli sguardi stupiti dei presenti.
Questo è l'inizio del mio ultimo romanzo, la cui seconda parte è già pronta per essere pubblicata e poi... poi dovrò afferrare tutti i fili ancora non annodati e completare la terza e ultima parte di quessto giallo la cui genesi è stata alquanto complessa.
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