Foto escursione Ferrata Castel Drena e sentiero attrezzato rio Sallagoni

Non era l'escursione prevista: avremmo dovuto percorrere la nuova ferrata Marangoni, ma... arrivati a Mori, parcheggiato e indossati gli scarponi nel momento in cui abbiamo chiesto, ma giusto per sicurezza, se la strada che stavamo percorrendo avrebbe portato all'attacco della ferrata....... abbiamo scoperto che non avremmo potuto salirla: un dietro di roccia, che da anni incombe sull'abitato di Mori, proprio quel giorno sarebbe stato fatto brillare dagli artificieri e quindi tutta la zona era interdetta.
Interdetta come le nostre espressioni di sorpresa e delusione.
In un attimo ci era stata sottratta la giornata, l'aspettativa e la curiosità di vedere com'era stata realizzata la nuova "Monte Albano", rendendola sì più facile (da anni era diventata oltremodo impegnativa per l'usura della roccia divenuta "unta" dal passaggio di migliaia e migliaia di appassionati), ma che aveva sempre quei passaggi a strapiombo e quelle pareti verticali su cui far rifornimento di emozioni.
Colpa mia, avrei dovuto fare un giro in rete per vedere se c'erano notizie che riguardassero Mori  e la ferrata: anni di esperienza non mi hanno aiutato.
Dalla manica della maglia, indossata per combattere la giornata ancora fresca per le nuvole in via di attenuazione, ho estratto l'asso, l'alternativa per salvare la giornata.
In zona, oltre la fine del lago di Garda, c'è l'abitato di Drena e lì la ferrata che sale alle rovine del castello percorrendo uno stretto canyon. Ferrata non difficile, ma la sua particolarità meritava di andare a percorrerla.


Nel canyon c'è penombra, il sole vorrebbe entrare prepotentemente, ma la parte sommitale è coperta di vegetazione: la quota è bassa, la roccia condivide lo spazio con il mondo vegetale.
La parete è liscia, impossibile percorrerla senza ausilio degli infissi artificiali e quei pochi passi fatti al di fuori di essi sono lisciati dal passaggio degli escursionisti come noi.
La via è ben realizzata, rimodernata recentemente tanto brillano i ferri.




Si sale, si scende, si passa da un lato all'altro della forra... si sente cantare l'acqua che corre a valle... sembra tutto un gioco, il corpo, che era pronto per la più impegnativa ferrata Mori, si rilassa, si muove da un passaggio all'altro senza tensione, senza quella particolare tensione del "azz, chissà cosa ci sarà oltre".
Dietro di noi una comitiva con bambini e ragazzi è arrivata all'imbocco e osserva per la prima volta la forra, noi, disinvolti, siamo già lontano.


All'uscita del canyon una radura assolata ci accoglie, un paesaggio lussureggiante che sembra uscito da una cartolina di un altro continente: muschi e piante lo dominano indisturbati.
Finalmente arriviamo al ponte tibetano, un monocavo ondeggiante su un breve baratro, a cui ne seguirà un altro un poco più lungo ma sempre ondeggiante.






Dopo aver evitato la salita diretta al castello, percorriamo un altro tratto di ferrata, che sembra dismesso: le staffe metalliche non hanno il cavo di sicurezza.
E' la parte più selvaggia dell'itinerario, perchè percorre il percorso del torrente più da vicino... forse per questo motivo non c'è cavo di sicurezza... ma bisogna spesso attraversarlo, guadarlo nei punti meno profondi... prendere decisioni invece che seguire la via tracciata dal cavo metallico.
Ovviamente questo tratto è percorribile solo quando il torrente lo permette, quando è sufficientemente basso da essere guadato in sicurezza e all'asciutto. Lo era, anche se in un punto... era proprio al limite.
L'ultimo tratto, percorso nuovamente su parete tra la vegetazione sommitale, ci ha regalato, tutto d'un botto, l'arrivo tra vigneti con il castello a dominare il cielo ormai sgombro di nuvole.



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