Foto escursione nel Parco dell'Alto Garda Occidentale: l'estremo nord a Tremalzo

Neve.
Improvvisa, abbondante, diffusa.
Solo neve: niente pioggia poi o rialzo delle temperature.
La neve rimane lì, in alcuni punti non molto stabile, ma è lì a imbiancare le montagne anche non troppo elevate.
Non mi aspettavo così tanta neve a metà novembre, infatti avevo previsto una bella cima sui monti orobici con un'affilata cresta da percorrere per fare un bell'anello in quota oltre i 2500 m.
Meglio cambiare, meglio affrettarsi a cambiare destinazione prima di andarsi a cacciare nel gratuito pericolo.
Recupero quindi l'escursione precedente annullata per maltempo: attorno al monte Tremalzo.
Probabilmente c'ero stato da piccolo, con i calzoni corti e le calze alte fin sotto al ginocchio: un'ometto sempre sorridente e sempre voglioso di trascorrere le giornate all'aria aperta. Aveva buon gioco mio padre con me e probabilmente mi ci avrà portato: Ledro, Bezzecca e Tremalzo sono nomi che mi riportano a quegl'anni lì, quando arrivavi già stanco del lungo viaggio... che poi è diventato breve e comodo con le auto moderne... ma appena sceso dalla micro auto sentivi i muscoli che volevano correre e esplorare.
Tremalzo, vicina geograficamente, ma lontana nel mio tempo.

L'escursione non avrebbe dovuto essere complicata, visto che la prima parte saliva alla Stazione di Inanellamento posta a Bocca Caset, dove gli esperti del Museo delle Scienze di Trento studiano gli uccelli migratori.
Ed infatti, lungo la strada forestale sporca di neve abbiamo incontrato alcune auto e, giunti alla Bocca, siamo stati raggiunti da un simpatico personaggio che ci ha prima chiesto e poi illustrato quello che avevamo intenzione di fare.
A dire il vero avevo notato qualche perplessità nella sua voce, ma, dopo averci osservato, con l'occhio acuto di chi è abituato ad osservare pazientemente, ha detto qualcosa tipo "Massì, voi poi ve la cavate".
Beh, sì... ce la siamo cavata.


Il rifugio Garibaldi, chiuso, da cui siamo partiti



Foliage e neve: chi in ritardo chi in anticipo, comunque un bel colpo d'occhio!


Civette



La giornata non è calda, ma il sole splende e governa incontrastato il cielo limpido: il verde dei prati è sostituito dalla neve che, schiacciata dall'andirivieni di qualche auto, sembra davvero significativa. I colori dell'autunno sostituiscono il colore dei fiori in primavera: è un bel contrasto, è un bel posto con un bel panorama.





Peccato averla lasciata al rifugio... ci sarebbe servita.



Laggiù la Malga Giù: da qui e da laggiù c'eravamo già passati, di ritorno dal Monte Corno in estate e già allora ero rimasto affascinato da questa vallata, da questo alpeggio come sospeso tra i monti.
Volevo rivederlo in inverno.
Da quassù però, l'assenza di neve mi aveva fatto dispiacere: avevamo scelto di lasciare le ciaspole in auto, un peso inutile da portare visto il verde del prato da poco uscito dal manto nevoso.



Poco prima di giungere alla Malga, ci inoltriamo nel bosco per raggiungere la Bocca di Val Marza da cui poi saremmo ridiscesi per la strada militare che ci avrebbe riportato al Passo di Tremalzo... comunemente detto, appunto, solo Tremalzo.
Qua e là sul sentiero le ultime tracce di neve, il bosco è fitto anche se spogliato dalle foglie che costituiscono una soffice strada. Seguiamo le indicazioni avute alla Bocca di Caset, ma sappiamo che poi dovremo deviare dal sentiero e salire su una traccia che neppure sulla mia cartina è segnato, se non con un tratteggio nero.
Un sentiero intuitivo, credo.





Più saliamo, più vi avviciniamo al monte Tremalzo e alla vicina Corna della Marogna, che tra l'altro avevo in programma di salire per un altro sentiero non segnato ma evidente così dicono, il manto nevoso ritorna a salire: nessun altro è passato di qui, se non una traccia di un animale di piccola taglia dall'unghia fessa, un capriolo o di altra specie simile.
Il sentiero soccombe sotto la neve, rimane solo un leggero avvallamento a indicarne la presenza e qualche segnale dipinto su alberi lontani tra loro: da ragazzo mi piaceva quel gioco sulla Settimana Enigmistica dove bisognava unire i puntini...



In questo punto ho avuto un breve, fulmineo momento di sconforto: la pozza d'acqua gelata, neve tutt'intorno e il sentiero che continuava a giocare a nascondino... e quella traccia d'animale che ci precedeva e che sembrava segnarci la via, ma anche no alle volte.
Eravamo sul sentiero giusto, dovevo solamente accettarlo e proseguire senza lasciarmi distrarre.
Confortato dalla cartina e dalla montagna che avevo davanti, abbiamo proseguito: la nostra prima neve, diciamo tutta d'un botto!





Da questa piccola forcella senza nome abbiamo contemplato la discesa verso Malga Tremalzo sul cui percorso, circa a metà strada, avremmo dovuto trovare il "sentiero" per Bocca di Val Marza.
Dopo quel pino, che un riflesso tra le lenti che compongono l'obiettivo ha evidenziato, ho potuto vedere, piccola e quasi indistinguibile, una staccionata in quello che appariva un valico, un piccolo valico, una breve pausa tra la silhouette affilata, vista da giù, della linea montuosa: la staccionata di una strada, la strada militare.
Da quel momento, da quel pino, è iniziata una salita rabbiosa, decisa, che voleva seguire il "sentiero" ma che spesso e volentieri aggrediva il pendio per la via più breve affondando fin ben oltre le ginocchia quando il "sentiero" non era propriamente sotto la neve.
Avrei potuto, visto che il pendio era una tavolozza intonsa, disegnare un percorso graduale di maggior respiro, più che di affanno diretto per la via più breve. Avrei potuto, ma il Tremalzo era scomparso dalla mia percezione: avevamo camminato orientandoci con la mappa e con i pochi segnali in un territorio che non conoscevamo,  il silenzio dell'unicità di quei momenti ci aveva accompagnato ma senza fiaccarci l'animo, avevamo scavalcato alberi abbattuti da un precedente maltempo ed eravamo sprofondati più volte... e quando sprofondi nella neve perdi la sicurezza di poter riuscire ad andare oltre. dove vuoi con le tue gambe. Rimani lì, come una mosca sulla carta adesiva con tutte le tue potenzialità congelate, fermate, annullate.
Avrei potuto, ma volevo arrivare in cima prima che il sole, che stava sfiorando la linea delle montagne, scendesse oltre essa.
Ci siamo conquistati l'arrivo sulla strada con determinazione.








Bocca di Val Marza


Raggiunta la strada, affaticati e molto stanchi, abbiamo pranzato praticamente in piedi... soddisfatti.
Da lì a giù è stato semplice: la strada militare ci ha accompagnati fino al Passo di Tremalzo dove abbiamo fatto una corroborante sosta prima dell'ultimo tratto sull'asfalto fino all'auto.
Non siamo saliti al Corno della Marogna, eravamo spossati... in quel momento almeno, perchè, una volta seduto in auto un pò di rimpianto l'ho avuto... ma breve.
La giornata è stata intensa, l'estremo nord a Tremalzo una sorprendente scoperta.









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