Foto trekking Val Formazza: come fosse la prima volta

Quando ho iniziato questa attività organizzativa, ho avuto da subito la presunzione di saper proporre ciò che difficilmente i miei concittadini conoscevano, come se io solo avessi la geografia montana infusa nel DNA. Non ho avuto dubbi o incertezze: ciò che non sentivo nominare dai conoscenti appassionati di montagna nessun'altro lo poteva conoscere.
Tra le primissime proposte la Val Formazza, la punta estrema della Val d'Ossola: non la proposi proprio così, ma proposi la Capanna Corno Gries che si trova appena aldilà del confine, nella Val Bedretto (CH)... giusto per dare un'illusione di esotico. Per me, ancor oggi, quando penso alla Val d'Ossola penso all'ultimo conflitto mondiale, ai partigiani, a chi fuggiva in Svizzera: nulla sapevo della Repubblica Partigiana dell'Ossola che vi fu istituita per soli 40 giorni. Le mie sono reminiscenze da film in bianco e nero, film di cui non ricordo neppure i titoli, ma il pensiero dell'Ossola mi ha sempre infuso un senso di grandezza montana, di difficoltà, di territori accoglienti ma esigenti, spazzi aperti e valichi d'alta quota.
Una valle in bianco e nero, senza compromessi.
Dopo quella prima volta ci sono tornato ancora, escursione più breve su un altro versante e poi la terza, con mio figlio durante un bellissimo weekend con cui abbiamo unito gli ingredienti delle due prime visite: talmente ben riuscito che già durante la strada del ritorno pensavo che lo dovevo assolutamente proporre al gruppo, non potevo tenermelo solo per me.
E così ho fatto.
La strada di fondovalle percorre i paesi ossolani e parla di acqua: Crodo (acque minerali e bevande gassate) e Premia (terme) e poi sale su su fino alle Cascate del Toce.
Ma è solo dopo aver passato questa meraviglia della natura che la Valle mostra la sua natura imponente: Riale, un borgo con una chiesetta su di un monticello dominata da alte montagne che si tengono un pò discoste, si fanno intravvedere ma che occorre salire oltre i contrafforti erbosi per apprezzarle veramente.




La salita non è semplice e s'incunea nel fianco montano seguendo il percorso del rio che scende dal meraviglioso Lago dei Sabbioni: salgo con decisione, non vedo l'ora di vederlo ancora e di mostrarlo ai miei compagni di viaggio. Quel lago è presente nell'home page del mio blog, in fondo alla pagina. Di tutti i luoghi che ho visitato in questi anni è a lui che ho concesso l'onore di rappresentare tutta la mia passione.


Il rifugio Città di Busto dove pernotteremo, ma non andremo subito là, la giornata è ancora giovane e dobbiamo effettuare un largo giro per toccare i rifugi Claudio e Bruno, poi il 3A, il rifugio più alto di queste valli ossolane.


Il Lago dei Sabbioni e Punta d'Arbola 


Il rifugio Mores poco sopra il lago


Saliamo al rifugio Claudio e Bruno seguendo un gregge di pecore, per nulla infastidite dalla nostra presenza. Oltre a un ragazzo non ci sono altri escursionisti e ci godiamo la tranquilla esclusività della giornata. Seppur il percorso sia un itinerario "classico", ben spiegato e pubblicizzato in rete, quanto vediamo è tutto per noi e lo sarà per buona parte della giornata: solo al rifugio troveremo altri escursionisti, alcuni chiassosi altri fin troppo prolissi a tavola!





Il rifugio 3A



Il cuore di pietra di chi è rimasto insensibile a tutto questo


Questo itinerario, per chi non lo conosce come me, fa giungere insolitamente stremato al rifugio o, peggio ancora, giù a valle, a Riale se era partito per affrontare il giro senza documentarsi. Il luogo è talmente bello e aperto che si ha davvero la percezione di dove si vuole arrivare e la segnaletica è molto presente e puntuale: ogni "tappa" è a circa un ora, che sarà mai un'ora? E quindi si sale, ci si meraviglia, ci si appassiona e, essendo il sentiero ben tracciato, perchè no, si prosegue e ci si meraviglia nuovamente e si legge un altro cartello che dice un'ora al prossimo rifugio e ci si mette in cammino e si sale per stupirsi nuovamente perchè è appena lì, lo si vede, la strada è lineare e ben tracciata. 
Che sarà mai un'altra ora?


Sopra e sotto la Piana dei Camosci, su cui siamo scesi su un sentiero nuovo nuovo, di quelli che sembra si siano mossi e dove alle volte non conviene seguire i bolloni rossi, ma scegliere la roccia a misura delle proprie gambe, perchè fino a che non si mettono i piedi sulla spianata è tutto un gioco di equilibrismi e di aderenza sui piani inclinati apparentemente lisci ma, in verità, davvero ruvidi e davvero troppo in discesa. Scendiamo veloci, alla fin fine, e giunti con i piedi su questo spazio così insolitamente pianeggiante vediamo lì davanti il rifugio Città di Busto e pensiamo solo a quando ci potremo riposare e guardare le foto che abbiamo fatto a questo lago color smeraldo: anche il più antico cellulare saprebbe immortalarlo in tutto il suo splendore!


La Piana dei Camosci


L'alba.
Sono sceso appena pronto, la giornata sarà lunga e abbiamo anticipato l'orario della colazione per poter metterci in cammino il prima possibile: la luce gioca con le ombre e con i riflessi, addolcendo la pietra di cui il rifugio è costituito.
C'è un silenzio soffuso, chi è fuori con me a scattare foto non parla, ammira.





Non è trascorso molto tempo dalle foto all'alba alla nostra partenza dopo colazione, eppure la luce è già intensa, il giorno è già saldamente a comandare il cielo: lancio un ultimo sguardo all'invaso dei Sabbioni, il rifugio Città di Busto non lo domina.
Oggi dovremo ancora salire, l'Alpe Battelmat è più o meno alla stessa quota, ma non c'è una cengia a collegarla: dobbiamo salire e salire per poi ridiscendere ridiscendere al Passo di Gries, lungo un sentiero escursionistico reso sicuro da abbondanti catene, alcune cosi pesanti da sollevare che ce ne chiediamo il motivo.
Slavine, le innumerevoli slavine che accompagnano il disgelo hanno una forza così straordinaria da scardinarle ad ogni primavera: sono lucenti, non sono lì a resistere da molto tempo!








Il lago di Gries e le pale eoliche.
E' ovvio che siamo infreddoliti, se hanno messo le pale vuol dire che c'è spessissimo vento!




Anche questa volta vediamo la nostra destinazione, il lago del Morasco e lì vicino, non visibile, il parcheggio delle auto, ma non ci dirigiamo lì: dobbiamo circumnavigare le montagne che lo osservano, dobbiamo entrare in Svizzera dal passo di Gries e poi, a mezzacosta sotto il Monte Corno e il Monte Elgo che costituiscono i monti di confine, risalire al passo San Giacomo osservando dall'alto il Canton Ticino e il Vallese. E' un bell'itinerario, lungo ma su sentieri semplici: la parte più "alpinistica" e rocciosa l'abbiamo alle nostre spalle.




Un ultimo sguardo alla Val Formazza


Siamo in Svizzera già da un pò, il lago di Gries con le pale eoliche non sono più visibili e anche il lago di Campo, piccolo laghetto a cui abbiamo dato un fugace sguardo, è ben lontano: a questo che reputo sia il passo di Campo trovo una "colonia" di ometti di roccia. Non so se anche qui hanno qualche cronaca medioevale che racconta di processi alle streghe come in val Sarentino: sono comunque parecchi e vigilano il passo, oltre il quale scorgiamo l'insolita Capanna Corno Gries (i rifugi in svizzera vengono definiti capanna) molto stilosa, molto fuori contesto. 




Capanna Corno Gries, sembra un'Arca pronta per il Diluvio: non mi è mai piaciuta.


Facciamo sosta sotto la capanna, accettano solo franchi svizzeri, ma siamo ben attrezzati: abbiamo acqua, barrette, panini ancora da scartare, succhi e dolcetti incellofanati che avranno un'effetto positivo e corroborante tanto da mettere le ali ai piedi e a  far compattare il gruppo. Il sentiero è erboso, taglia e disegna il fianco della montagna con decisione ma senza impennate: troviamo il tempo anche per chiacchierare con un ciclista a cui diamo qualche suggerimento su come raggiungere la capanna evitando alcuni tratti ostici per una mtb. Si vedono diversi sentieri, ma tutti confluiscono all'Arca.


Camminiamo davvero spediti e questa volta so esattamente fin dove dovremo seguire il fianco della montagna, senza farci ingannare dalle rientranze, senza nutrire false speranze: c'è una linea dell'alta tensione che attraversa il Passo San Giacomo, aguzziamo quindi la vista, cerchiamo i tralicci e poi scrutiamo l'inclinazione dei fili per sapere quanto ancora bisogna salire.
E' stato semplice così.



Eccolo laggiù l'ultimo lago della giornata: il lago di Toggia.
Ad un certo punto della giornata, quando stavamo salendo prima di ridiscendere al passo di Gries, uno specchio d'acqua smeraldo sull'altro versante montano rispetto a noi aveva attirato l'attenzione: non era il Toggia, ma il Kastel, l'ultimo bacino facente parte del sistema idrico di questa valle. Lo vedremo giunti a metà del Toggia: non le sue acque, il Kastel sovrasta il Toggia verso il suo termine, ma vedremo la massicciata tagliata volontariamente verso la fine degli anni "20 essendo il fondo del bacino troppo permeabile (carsico) non riusciva a trattenere adeguatamente le acque per la produzione idroelettrica. 
La diga venne tagliata, il bacino, per lo scopo per cui era stato realizzato, dismesso.


Mentre scendo per raggiungere Riale non posso che pensare alle altre volte che sono venuto qui, in questa "mia" valle.
Abbiamo fatto un itinerario meraviglioso, i miei compagni di viaggio, i miei amici, sono davvero soddisfatti... stanchi ma soddisfatti. Non posso che dispiacermi per chi non ha potuto venire, ma ritornare ancora per ricalcare questi due lunghi anelli non mi sento di prevederlo a breve.
E' davvero un peccato che qualcuno abbia dovuto rinunciare.



Però Riale è proprio un bel borgo, con la sua graziosa chiesetta ricostruita sopra un dosso: capisco perchè i walser ne fecero il loro primo insediamento quando scesero dal passo di Gries: chiunque si sarebbe fermato.
E quindi che fare?
Ho un'idea che mi frulla per la testa, di ritornarci ma non ancora con questo itinerario... parzialmente sì però perchè alcuni panorami non si possono escludere.
Mentre percorro gli ultimi tornanti l'idea mi si concretizza sempre di più: arrivato a casa dovrò iniziare a scrivere al rifugio per conferme.
Quale rifugio?
Beh, sarà, ovviamente, una sorpresa.

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