Foto escursione Monte Frerone: il mio passato dall'alto

1968, ho foto che mi ritraggono in Valle Camonica a soli 4 anni: sono foto piccole, in splendidi bianco&nero che sviluppava mio padre nella piccola cucina in cui abitavamo o forse le sviluppava in una stanza del suo laboratorio, la bottega come l'abbiamo sempre chiamata in famiglia. Ho ricordi molto confusi della mia infanzia, ho solo delle gemme lucenti che illuminano così tanto i miei ricordi da relegare in secondo piano tutti gli altri: uno di questi sono le estati che trascorrevamo a Bovegno, in Val Trompia. Trascorrevo lì tutta la settimana feriale con mia mamma e mio fratello e poi, quando arrivava la sera di venerdì, arrivava mio papà e noi felici: il giorno dopo saremmo andati di sicuro in montagna, in un posto meraviglioso che conosceva solo il mio papà!
Uno di questi era il magico Lago della Vacca e il rifugio Rosa.
Le prime foto che ho trovato sono del 1970, in sbiaditi colori: io e mio fratello vestiti uguali anche se non siamo gemelli, ci dividono 4 anni, seduti su di un prato sorridenti con dietro le montagne camune.
Con i miei ricordi accentuo i tratti che il tempo ha reso indistinti, sento l'allegria, ricordo il profumo dei fiori, mio padre che ci fotografava sempre e noi che lo lasciavamo fare: ci puntava l'obiettivo e noi guardavamo lui, più che la macchina. Sabato sarebbe trascorso, la domenica sarebbe stata troppo breve e la sera sarebbe ripartito. Lui fotografava noi per farci poi rivedere il momento, noi assorbivamo il momento con lui, indelebilmente.
Ci siamo stati diverse volte, lì come al passo del Maniva con le sue istallazioni militari (quelle parabole puntate verso lo spazio hanno contribuito a far nascere in me l'amore per la fantascienza), lungo la strada bianca del Caffaro fino a Bagolino, così come al Passo di Crocedomini salendo da Bienno (dove mia mamma quando era giovane andava in vacanza con il Collegio, che altro non era che l'orfanotrofio). 
Ogni volta era differente, sempre più bello.
Era più casa lì che non dove vivevo in centro storico.

Quando ho scelto l'escursione al Monte Frerone non pensavo a tutto questo, l'opportunità di deviare per il Lago della Vacca la sentivo remota ed è rimasta tale, ai margini della coscienza, durante tutti i giorni che hanno preceduto l'escursione, perchè il Monte Frerone non faceva parte del mio passato ma del presente.
Arriviamo presto e quindi decidiamo di far colazione direttamente alla malga Bazena, poco sotto il passo di Crocedomini, da cui poi saremmo partiti a piedi per l'escursione.
Il cielo è limpidissimo, il consiglio di rientrare presto perchè si attendono temporali sembra davvero fuori luogo, ma vito che ormai siamo lì, se non ci saranno contrattempi non dovremmo tornare tardi.
La prima salita è decisamente dura, una strada lastricata per consentire ai fuoristrada di guadagnare velocemente e in sicurezza l'accesso alle malghe più avanti, ma farla a piedi mette affanno.



Le malghe sono abitate e in piena attività: giunti alla prima sbagli strada e vado diritto, verso le montagne che dovremo salire: mentre attraversiamo è in atto al mungitura e l'aroma forte del latte è davvero forte e persistente. Anche alla seconda malga, al termine della strada che ho imboccato è in atto la mungitura, ma il malgaro, con un buffo cappello di panno grigio a punta, ci fornisce volentieri tutte le indicazioni con l'intercalare bresciano delle valli, riportandomi immediatamente indietro nel tempo. Dov'eravamo ospiti i proprietari erano così: gente di montagna, con la barba e l'abbronzatura di chi fatica all'aperto, ma gente schietta, solare e allegra che è pronta a dare una mano a chiunque.
Tornati sui nostri passi fino alla prima malga saliamo per la strada corretta e ci accodiamo ad altri che salgono: la direzione dei più è per il Lago della Vacca, noi devieremo molto prima per la nostra cima.
Man mano che salgo mi vengono in mente aneddoti di quando ero piccolo, ma sono fuori strada, non ricordo che mio papà ci portasse al Lago della Vacca da questa strada: per ora è ancora l'escursione del presente.



Non sono, è vero, i monti trentini: qui i rilievi non sono carichi di boschi su cui svettano le rocce, ma qui i pendii sono come dipinti di verde omogeneo fino in cima e i fianchi, rocciosi, sembrano vittima di un cataclisma antico che li ha privati, indelebilmente, di questo mantello colorato.



Giunti al Passo di Valfredda smettiamo di condividere con altri la salita e ci dirigiamo verso il Monte Frerone: diamo comunque un'occhiata dal passo, visto che da lì ritorneremo.





Non è un lupo di pietra che ulula al cielo, ma due distinti sassi che, in prospettiva, appaiono uniti: non è il regno degli animali pietrificati, la Vacca che spero di rivedere al Passo, spero mantenga inalterata la suggestione di quando la vidi da piccolo,


Il primo tratto che ci porta verso la cima del Monte Frerone è reso sicuro da una catena che funge da passamano, più che altro in caso di forti piogge che potrebbero rendere viscido e scivoloso il passaggio.
Il cielo è ancora terso, qualche nuvoletta transita a curiosare dove siamo diretti (abbiamo fatto le pecore nere del gregge lasciando il flusso principale della salita e svoltando senza indecisioni per il sentiero per esperti): il previsto temporale è ancora lontano e speriamo arrivi in forte ritardo!





La salita finalmente sale decisamente e si fa più rocciosa. Cerchiamo al cima, a questo punto dell'escursione abbiamo esaurito le cime disponibili avendole tutte, via via, identificate per Frerone!
Finalmente il piccolo monolito che caratterizza la vetta appare e ora sappiamo dove terminerà la salita: non vediamo l'ora.





Storti


Dietro il monte il panorama cambia e il mantello verde cede il passo alle rocce granitiche: comincio a riconoscere i miei ricordi.
La discesa verso la zona dove il Lago della Vacca raccoglie le acque non è uno scherzo: dobbiamo percorrere l'affilata cucitura tra roccia e mantello, una cresta a tratti sassosa e altre volte più terrosa a seconda di chi, tra le due anime di queste montagne, ha il sopravvento. Ci adattiamo, dopo il primo vertiginoso "salto" la cresta si fa via via più dolce e ci adagia su di un pianoro da cui prendiamo al decisione, visto il tempo, orologio e meteorologico, favorevole per dirigerci al Passo della Vacca e poi giù al Lago e rifugio.





Il Pizzo Badile Camuno sorge tra le nuvole





Eccola la Vacca nel suo splendore.
E' come la ricordavo, non è per niente invecchiata!







Meno storti




Durante la pausa l'aria ha  iniziato cambiare temperatura, le nuvole a raggrupparsi  e la luce a nascondersi troppo frequentemente tra esse: un chiaro, grigio e minaccioso, invito a spingerci a rientrare.
Mentre cercavo di trovare la via più breve ho finalmente capito da dove salivo con i miei genitori: ho rivisto, dall'alto, il laghetto vicino alla malga dove parcheggiavamo (ricordo alcuni maiali che andavano a rotolarsi nel fango e a strusciarsi tra le auto parcheggiate) e quel rilievo, la Corna Blanca, che mi pareva gigantesco e così lungo da aggirare: un dente candido come avorio che ci sbarrava la strada.
Dall'alto, da grande ormai, i ricordi diventano piccini piccini e si ridimensionano, ma non si ridimensionano le emozioni.


La mia è stata un'escursione nell'escursione e spero che questo itinerario, l'isolato Monte Frerone, abbia regalato una giornata insolita ai margini di un luogo molto frequentato rendendola esclusiva, tra queste vicine montagne camune così variegate.

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