Racconto con alcune foto ferrata Nasego in solitaria
Dopo una settimana di Covid leggero... per quanto riguarda la salute, ma devastante per le vacanze che ho dovuto annullare... avevo bisogno di dare una svolta alle mie giornate casalinghe: percorsa la provinciale che da Lodrino porta a Casto ho svoltato per Comero, piccola frazione da cui, proseguendo su strada stretta, fortemente in pendenza e a tratti sterrata si arriva alla grande tettoia dove parcheggiare: da lì, mi sono incamminato per salire la ferrata Nasego, ferrata moderatamente difficile con alcuni tratti difficili.
In realtà non sono arrivato alla grande tettoia, utilissima per riparare l'auto dal sole feroce: una cancello accostato e un cartello "Animali al pascolo" mi ha fatto fermare in un largo spiazzo erboso, non riparato sigh, ma almeno in piano. Un chilometro prima ho calcolato, diverse buche e gradoni di asfalto al termine di sterrato in meno per la mia auto. Ero io che dovevo arrampicarmi, mica lei!
Partenza senza guardare troppo l'orologio: quando pronto sono partito. Per guadagnare tempo, visto che le nubi plumbee della serata non s'erano ancora diradate, ho affidato l'iniziativa al navigatore.
Pessima scelta, ma è stato un viaggio nel passato: invece di andare per le veloci strade in direzione Salò fino a Nozza, sono salito dalla Val Trompia per Lodrino. Era la strada che facevo con i miei genitori quando, ancora piccolo, andavamo in vacanza a Bovegno, prima della più nota Collio sulla strada per il passo del Maniva.
Ovviamente è tutto cambiato, poco o nulla mi ricordo... se non a Gardone Valtrompia il corridoio coperto che unisce, al primo piano, i due edifici della fabbrica lungo la strada, con scritto ARMI BERETTA in grande... con soddisfazione. Forse arrivando a Tavernole sul Mella, a una curva con bar-parcheggio-cascata i miei ricordi avrebbero fatto un balzo, ma ho dovuto girare prima, per raggiungere la mia destinazione: in quello spiazzo si consumava la prima sosta con panino dopo il "lungo" viaggio percorso con la Autobianchi, non Innocenti, Bianchina 500cc furgonata. Innocenti lo eravamo di cuore e pieni di entusiasmo per le montagne che stavamo raggiungendo. Ne ho viste di spettacolari in questi anni, ma quella sosta a Tavernole sul Mella prima dell'ultimo tratto ha sempre rappresentato un momento di passaggio che non ho più ritrovato: scendevamo da quella macchinetta cittadini e rimontavamo montanari, checché se ne dica!
Ogni tanto, quando ne sento l'esigenza, mi piace fare escursioni in solitaria e anche fare ferrate: le seleziono con buonsenso, mi piace mettermi alla prova ma, come dico sempre, mi piace anche ritornare a casa mia. Questa era in progetto da alcuni mesi, attendeva solo il suo momento.
La ferrata è ottimamente realizzata, come materiali: cavo e niente catena per fortuna. Roccia rotta dove è facile mettere piedi e mani, sviluppo non sempre logico a mio parere e spesso pasticciato con salite a zig-zag e cinque settori ben distinti da risalire (2° e 4° i più impegnativi).
Da giù in effetti sembrava poco, ma il mix di passaggi che ho trovato, io che mi fermo poco o nulla, ha riempito la mattinata.
La partenza è ottima, per nulla impegnativa per fortuna: tensione e concentrazione erano già state indossate alla partenza da casa, per cui i primi movimenti, sempre i più titubanti, li ho fatti senza troppo impegnarmi. Ben presto la via sale, si arrota, s'impenna e mi ha fatto davvero divertire. I settori intermedi, tra un numero e l'altro, possono essere utili, ma possono anche far calare la concentrazione perché le ripartenze, ora che lo so, sono tutte intense, per nulla banali.
Si arrampica, si può arrampicare e la roccia non è così friabile come avevo letto (motivo di preoccupazione da valutare sul momento) e la tipologia di roccia, seppur a bassa quota, aveva la necessaria ruvidezza per sentirsi sicuri anche in forte esposizione.
Spigolo orizzontale e, sotto, l'unico essere che ho incontrato in tutta la giornata
Anfratto prima di arrivare in cima
Il rifugio Nasego, poco sotto la cima, era chiuso: uscita infrasettimanale, credevo fosse aperto in realtà vista la stagione ormai inoltrata. Evidentemente queste montagne sono poco frequentate, ho quindi fatto una buona scelta.
Per il ritorno ho optato per la via più lunga, una sassosa carrareccia che senza sforzarsi troppo riporta alla grande tettoia, trovata sempre deserta.
E' stata una bella uscita, è stata una ferrata non banale e difficile al punto giusto (il Covid è stato leggero, ma... insomma... è pur sempre Covid non sai mai cosa lascia) e l'averla percorsa davvero in solitudine mi ha tenuto concentrato più del solito.
Già un'altra volta, dopo qualche mese da un'importante intervento, avevo salito alcune ferrate nel comprensorio di Casto da solo: non era andata proprio bene quella volta, questa, invece... perfetta!
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