Foto escursione Alta Valdurna 2021

Di nuovo a Valdurna... di nuovo nei Monti Sarentini.
Partire da Valdurna apre il cuore: si viene accolti da un'anziana donnina che raccoglie l'obolo del parcheggio. E' minuta, il viso con le grinze dell'età, di anni trascorsi in questo paradiso... chissà quanti.
Parla poco l'italiano, giusto il necessario, ma il suo tedesco è dolce quanto questa valle.
Il giorno dopo, al ritorno, la vediamo seduta a una finestra: accenna un saluto, noi le rispondiamo e allora lei si alza e ci saluta vistosamente.
Il cuore verde dell'Alto Adige è la Val Sarentino... lei un evergreen che mi aspetto di incontrare la prossima volta: ci rimarrei male se non accadesse.



Il sentiero per salire è più che altro una strada, almeno fino a che non terminano le malghe, poi diventa sentiero dolce come i primi rilievi che si adagiano contro i monti sassosi, giallastri in molti punti. Saliamo senza incontrare nessun'altro, saliamo senza disturbare i cavalli che liberi si godono la giornata, i piccoli incuriositi dal nostro passare: è sempre affascinante incontrare gli animali in libertà.
La salita non è omogenea, sembra sempre di arrivare... di aver compreso il dove, ma il sentiero segue le docili curve delle montagne, adeguandosi invece che dirigendosi. A un valico vediamo il sentiero discendere verso la Val Isarco, il nostro impennarsi per aggirare l'ennesima piccola montagna che ci sbarra il cammino.



Il rifugio Santa Croce di Lazfons sorge in un anfiteatro brullo, un crocevia di sentieri che dalle valli salgono fino a lui: la graziosa chiesetta, bianca dal tetto rosso, è il santuario più alto d'Europa, meta di pellegrinaggio dall'abitato di Chiusa seguendo le 15 tappe della Via Crucis. Al suo interno il crocifisso del Cristo Nero trova la sua collocazione nei mesi estivi prima di essere riportato a Lazfons per trascorrervi l'inverno: il pellegrinaggio per trasportarlo alla chiesa in altura rappresenta il momento più importante della religiosità di questa valle.


Al nostro arrivo il cielo è grigio, prima dell'arrivo veniamo spruzzati da un pò di pioggia che ci rinfresca: le Dolomiti all'orizzonte sono velate, alcune guglie svettano, giocano con le nuvole mostrandosi a tratti, l'edificio del rifugio in antica pietra si nasconde anche lui nei pendii pietrosi che ci avvolgono.
... ma basta che i veli si tolgano e il sole rivendichi il cielo, che i colori si accendono e noi, alleggeriti dallo zaino, saliamo alla Cima San Cassiano, la facile cima nei pressi. 








L'alba è una tavolozza di pochi colori sfumati che esaltano le Dolomiti all'orizzonte, nascondono la valle nella bruma notturna e ci fanno sentire privilegiati. Sono attimi, la luce cambia mentre sale nel cielo, gioca con i solidi e li accende di colori inusuali... vividi.
La luce dell'alba ha un fascino unico, l'accesa promessa di un giorno particolare che inizia e che non si vorrebbe terminasse mai.





Non solo cavalli, anche un folto gruppo di capre disturbiamo nel nostro iniziale cammino, la giornata si preannuncia lunga e quindi partiamo presto... appena possibile.
Ci seguono curiose, zampettando sicure sul crinale che piega velocemente all'ingiù, brucando qua e là e lasciando tracce del loro passaggio. A differenza dei biondi cavalli diffido molto delle capre e quando ci abbandonano non ne sento la mancanza.
Come il giorno precedente la dorsale che percorriamo è ingannevole, i monti antichi non hanno guglie famose che li rendono inequivocabilmente distinguibili e la mia cartina ha decisamente meno sentieri che discendono a valle: ad ogni incrocio troviamo il nostro punto sulla cartina... sbagliando.



Davide, Valentina, Silvia, Cristina... io


L'arrivo alla Forcella Vallaga, da cui segue il rifugio, è accolto con un gran sospiro di sollievo: il Giogo Tellerjock ci ha messo a dura prova, anche perchè l'avevamo percorso alcune volte, erroneamente ovviamente. Non avevo mai percorso quel tragitto, la 3^ tappa del trekking "Ferro di Cavallo" che percorre tutta la Val Sarentino. 
Ero già stato a Forcella Vallaga, eppur l'avevo confusa con altre forcelle, di sicuro percorribili ma non tracciate come la "nostra" destinazione. L'ambiente però non cambia, così come l'accoglienza, di certo non formale, del rifugio: una grappetta di benvenuto, qualche incomprensione nella comanda ma un bel ricordo da portare a valle a suggello di una giornata spettacolare, superiore alle aspettative.


L'ultima foto è per l'Alto Adige: montagne in attesa sotto il cielo blu cobalto, nubi bianche venate di ombre, alberi fitti che discendono a valle, una casotta di legno antico a guardia di un prato di erba finta.


Già, perchè un prato così ordinato e di quel verde lì mica potrà essere vero!


Commenti

Post popolari in questo blog

PROGRAMMA ESCURSIONISTICO 2019

PROGRAMMA ESCURSIONI 2018

Programma Escursionistico 2017