Foto escursione Tarscheralm
Val Venosta, abitato di Tarres sopra Laces.
Un posto sperduto, sconosciuto a tutti noi e trovato quasi per caso navigando, navigando e navigando in rete per trovare ristori aperti in inverno: quando realizzo il programma escursionistico sembro più un marittimo che un terricolo tanto navigo!
Arrivare a Laces non è difficile, la strada, tra autostrada e superstrada è scorrevole... superata la strettoia di Foresta con l'accattivante fabbrica della Forst, la valle si apre come d'incanto e via via le valli note scorrono lateralmente: noi le ignoriamo.
Val Passiria, Val d'Ultimo, Val Martello, Val Senales... i paesi della Meranerland (Lagundo, Parcines, Naturno...)... tutto genera ricordi, sia estivi che invernali, alcuni recenti altri un pò meno.
Noi avanti.
L'indicazione per la Tarscheralm è addirittura al bivio della statale, quindi la mia ricerca non ha trovato un luogo sconosciuto, ma conosciuto e rinomato.
La strada oltre l'abitato di Tarres (Tarsch in tedesco... Tarscheralm, malga di Tarres) s'infrange contro il fianco scosceso del monte, popolato da una fittissima abetaia.
Raggiunto il parcheggio, la seggiovia è malinconicamente chiusa, i seggiolini accatastati in ordine, gli edifici di servizio e ristoro serrati. Siamo in ombra piena, il monte ci sovrasta, fa anche freddino: la destinazione ci sprona a partire.
Raggiunto il parcheggio, la seggiovia è malinconicamente chiusa, i seggiolini accatastati in ordine, gli edifici di servizio e ristoro serrati. Siamo in ombra piena, il monte ci sovrasta, fa anche freddino: la destinazione ci sprona a partire.
Seguendo il consiglio del rifugista non abbiamo portato le ciaspole, ma solo, chi li aveva, i ramponcini per sicurezza, per migliorare il movimento, per avere quella marcia in più sul freddo manto sottostante. Si parte sentendo freddo, è questo il mo consiglio, inevitabile comunque fermarsi nella prima zona assolata per uno spuntino veloce, un sorso di té, per riporre una giacca... anche solo perchè si è al sole, dopo il tempo trascorso nell'ombra bluastra.
Il cielo è limpido e non c'è vento: la giornata è quella giusta!
La neve tiene, pur non scricchiolando sotto lo scarpone tiene e camminare non è disagevole. Certo, forse si potevano portare le ciaspole, ma la strada forestale è ben battuta e sarebbero state eccessive (è vero che poi dalla primavera in poi non servono più, ma se non si cammina in neve fresca o fonda sono più un disagio che altro).
Sulle alte montagne di confine non c'è molto di più in effetti, l'inverno vero s'è preso una pausa e ha lasciato il campo a una stagione improvvisata, che sembra pensi già fortemente alla primavera.
Salendo salendo sbuchiamo dal bosco sotto un'altana in legno, utilizzata da chi non è chiaro. E' comunque un edificio insolito, in piena vista del pendio e della sottostante valle.
Sbuchiamo nel sole e, finalmente, vediamo un manto nevoso allungarsi a coprire pendii scoscesi e aperti, dove gli alberi retrocedono e solo la roccia s'erge superba, il bianco contorno a sfidare l'azzurro intenso del cielo di mezzogiorno.
La meta è raggiunta, il tempo però non è molto, per cui non ci avventuriamo oltre lungo la traccia segnata e battuta dai numerosi scialpinisti che abbiamo incontrato.
Non abbiamo le ciaspole, qui in effetti sarebbero state utili, e affrontare quella salita senza di esse un'inutile e dispendiosa fatica.
Entriamo nella malga di Tarres per rinfrancarci... volendo, a tavola, qui si possono fare altro genere di fatiche molto gustose.
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