Foto escursione Dosso di Costalta
Il lungo digiuno del mese di febbraio e marzo era giunto al termine: partenza per il Dosso di Costalta, Valle dei Mòcheni.
Le previsioni erano ottime, la velatura che qualche previsione metereologica anticipava non era riuscita a dissuaderci: gruppo compatto, morale alle stelle, partenza.
Rivedendo le foto... l'obbiettivo fotografico non mente... il tempo non è che fosse proprio un granchè, ma rimandare non era proprio possibile. Ogni volta che rimando un'escursione mi ripropongo di alzare il "livello di sicurezza" accettando anche poca pioggerella, qualche sporadica nevicata, maltempo in arrivo... ma... poi non lo faccio e scelgo sempre escursioni asciutte, nuvolose ok, ma asciutte. Le previsioni poi lasciano presagire spesso che la settimana sucessiva potrebbe essere meglio e quindi scegliere di effettuare un'escursione con condizioni migliori sembra sempre al scelta corretta.
Arrivare al Passo Redebus è semplice e veloce.
In valle la neve era sparita, lasciando il terreno pronto per la primavera entrante, ma svoltando per il passo l'inverno era ancora ben padrone del territorio.
Decidiamo di seguire le indicazioni ricevute dal gestore dell'agriturismo/malga Combroncoi e partiamo senza ciaspole, per alcuni fissate allo zaino in modo molto provvisorio.
I ramponcini non erano strettamente necessari: la strada forestale ben battuta, lo strato di neve ancora ben gelido erano gli ingredienti per una piacevole passeggiata nel dolce altopiano mòcheno.
Giunti alla malga, calzate le ciaspole e... alcuni... essersi alleggeriti dello zaino... siamo partiti per raggiungere l'obiettivo dell'escursione: il Dosso di Costalta, panettone panoramico a solo un'oretta di ciaspolata. Non avevamo ancora incontrato altri escursionisti, solo un ragazzo al parcheggio partito molto prima di noi, ma nel pianoro che accedeva al bosco, una larga traccia ci indirizzava alla nostra meta.
Nel bosco tutto si perse.
Il vento e la nevicata dei giorni precedenti avevano "pettinato" il sottobosco e trovare la via rischiava di diventare un'impresa. I sentieri vengono tracciati in estate, i segnali vengono dipinti sulle piante o sulla roccia laddove l'evidente sentiero cambia direzione: la lettura del terreno aiuta di per sè a trovare la "retta via".
In inverno, il terreno ricoperto di neve, tutto cambia inevitabilmente.
La "retta via" l'abbiamo trovata, unendo i segnali visibili... aggredendo così la salita senza "disegnare" un percorso che facesse rifiatare: un assalto senza mezze misure.
Oggi avrei voluto aver fatto più foto, ma in quelle circostanze trovare la strada, guidare il gruppo era la mia priorità.
Usciti dal bosco, giunti sotto i panettoni che annunciavano la nostra meta, la nostra direzione iniziava ad essere più chiara: camminare su neve fresca tracciando il sentiero ha il sapore di una conquista.
Infine la cima, solitaria in quella giornata fredda e nuvolosa: l'abbiamo animata noi con i nostri colori e il piacere di aver infranto quella che sembrava una serie infinita di brutti fin esettimana.
Non è stata l'escursione che volevo, non c'era il sole e il cielo terso, dalla cima non abbiamo potuto spingere lo sguardo fin dove volevamo... ma c'eravamo, uniti, e questo bastava.
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