(senza) Foto escursione rifugio Torsoleto

Capita.
Una volte capitava con le reflex analogiche manuali (come la mia Yashica FX-3 super 2000), le compatte erano molto più automatiche e non accadeva.
Cosa? Di inserire il rullino nuovo e quello non si agganciava.
Ora con le reflex digitali non si corre più quel rischio... se si inserisce la card di memoria.
Purtroppo mi è capitato di non inserirla e quindi non ho foto per testimoniare l'andamento dell'escursione.

La partenza è all'alba, alle 5:00, davvero troppo presto per raggiungere il paesino di Loveno in Val Camonica, ma avevamo un discreto dislivello da superare per raggiungere il rifugio e una facile cima dopo la breve pausa al rifugio.
Il parcheggio, al termine della stretta strada tortuosa... tortuosa e stretta sono eufemismi... era, nonostante l'ora, già completo: più che escursionisti credo per gli abitanti della piccola frazione.
Trovato posto per l'auto, abbiamo affrontato l'impennata iniziale, strada che anche i più gagliardi 4x4 avrebbero affrontato con decisione per giungerne a capo.
La giornata è stata piacevole, il sentiero dopo aver attraversato un bel bosco con funghi (più o meno velenosi... quelli più belli ovviamente più velenosi), è sbucato sul fianco del monte Torsoleto, i pendii che guardavano a valle verdi di quell'erba cocciuta che sale, sale anche lungo le rocce.
Intorno a noi le montagne sparivano nella nebbia che risaliva dalla valle, trovata inumidita da una recente piovuta: il sole, caldo, giocava con essa disperdendola in un punto e riformandone altra tra le gole che si riscaldavano via via.
In breve, tra uno zigzagare e l'altro, il rifugio compare su di uno splendido balcone, il monte un ventaglio aperto dietro di esso.
Il rifugio è gestito dall'Operazione Mato Grosso, che gestisce diversi rifugi in Italia.
Rifugi OMG
Uno dei volontari che era di turno quel giorno ci accoglie con sollecitudine e ci offre un bel tè caldo, sempre gradito: è un tipo di accoglienza che riscalda il cuore... un gesto semplice carico di molti significati. Ci sorridono, s'interessano a noi e alla nostra giornata... davvero una bell'atmosfera.
Dopo la breve pausa risaliamo il fianco del monte Torsoleto fino al bivacco Davide, una bella struttura dal tetto in lamiera e dai fianchi larghi: dentro tutto ordinato e pulito, la caffettiera aperta sul fornello a gas pronta per essere riempita e per gustare, dopo, il caldo aroma osservando il sole calare dietro le montagne. Veniamo avvisati che la Svizzera è vicina, le onde dei ripetitori travalicano i confini, ma i nostri occhi sono per il piccolo lago Picol e per gli altri piccoli laghetti.
Uno in particolare attrae il mio sguardo: una piccola distesa d'acqua azzurro/verde, dalla forma irregolare e dal bordo scurito: al suo interno diverse profondità generano colori d'intensità differente, alcune volte quasi cangiante. Mi sembra una lastra d'ambra, dal color turchese.
Affrontiamo la salita al monte per la breve pietraia, scegliendo la via a seconda delle nostre capacità: le rocce sono stabili, si può come danzare tra le varie inclinazioni senza perdere il passo o la stabilità... in breve siamo in cima.
Eh... anche se, in fondo, il consistente dislivello è stato salito senza troppo affanno, stare in cima e spingere lo sguardo oltre e più in là è sempre un bel traguardo: non tanto per la cima raggiunta, ma per quanto in più si può esservare di questo mondo montano sempre così vario e affascianante.
Rientriamo, i tempi della giornata ce lo impongono.
Nuova sosta al rifugio, nuove chiacchiere e poi via, il dolce di pane_uvetta_cioccolato e il raviolo "Torsolone" per il momento accantonati dai nostri discorsi: pioverà e quando?
E quanto???
Incrociamo le dita, afferriamo salde le bacchette e giù a passo spedito, i monti sempre più ingrigiti dalle nuvolone che si andavano a sommare e popolare tutto il cielo.
Piove... piove molto, piove più di quanto avevamo previsto, piove più di quanto abbiamo voglia... grandina anche e chi ha potuto ha nascosto le mani sotto la mantella, chi non ha potuto non l'ha fatto e non gli è piaciuto.
Tuona... tuona molto, tuona sempre più vicino, tuona sopra la testa e la pioggia s'intensifica: con lo sguardo basso per non sbagliare passo non vediamo distintamente i lampi, confidiamo solo che tutto passi presto.
Si diventa percettivi durante un'acquazione che ti scivola sulla pelle, s'insinua dappertutto e dov'è ostacolato, trova il bordo del calzino e lo sfrutta come un Cavallo di Troia prendendo possesso dello scarpone. Si diventa percettivi e si capisce quando cala d'intensità anche solo di una piccola frazione, quasi che il corpo riesca a conteggiare i colpi ricevuti e, come un monitor cardiaco, ne tracci una sorta di grafico... la speranza una vigile contabile.
Il temporale si sposta e in effetti diminuisce, ma appena si entra nel bosto tutto ricomincia: quanto trattenuto dalle foglie scivola a basso e la pioggia quasi terminata è riproposta come in differita, un salto temporale umido... era un temporale in effetti, ma non era quello che intendevo... che riporta indietro le lancette.
Anche quello termina, il sebatoio trattenuto dalle foglie si esaurisce e si giunge all'auto.
Bagnati e divertiti, stanchi e stropicciati: non tutti gli abbigliamenti sono da menzionare (alcuni possono diventare strumento di ricatto se equivocati, mentre altri dovuti ad adattamenti non si possono commentare).
Ci siamo divertiti, come sempre.



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