Foto escursione Malga Cere

Spesso l'intuizione sposa il desiderio e oggi, a soli due giorni dalla chiusura dei confini della Lombardia e di altre 14 province per contrastare il contagio, comprendo perchè quel giorno ho così tanto voluto effettuare l'escursione. L'allarme era nei nostri cuori, ma la pressione di sentirsi realmente nel punto zero dell'emergenza italiana non aveva ancora raggiunto la forza dirompente che ora sentiamo. Il richiamo dell'aria aperta, la voglia di normalità era più forte della paura che essa terminasse e iniziasse un'alba nuova e sconosciuta.
Le premesse non c'erano, le previsioni addomesticate dal sentore, ora visto a posteriori, dell'ultimo giorno: la Val Senales, in programma, da escludere per prudenza (meglio non tirar troppo la coda alla Dea Fortuna), mentre la zona del Lagorai, di quasi in centinaio di chilometri più a sud, apparivano più promettenti.
In altri momenti ci saremmo stipati in due auto, ma ne abbiamo fatte tre per... comodità, l'aggettivo che andava a sostituire prudenza (che poi anche lì la Dea Fortuna è stata protagonista).
Come ci si aspettava la giornata nuvolosa divideva il mondo in chiari e scuri, in bianchi e neri senza sfumature, il verde opaco al confronto un'indefinita stagione mal collocata.
Nel grigio la neve appare ancor più fredda, inospitale ma siamo tutti gai, lontani dalle preoccupazioni di quel presente ora così pesante, ricollocati nella nostra normalità che più amiamo e che, forse, ad alcuni sembrerà incomprensibile: saliamo nel bosco rado popolandolo con la nostra spregiudicata gaiezza.



Giunti velocemente all'obiettivo dell'escursione, la Malga Cere, saliamo verso il Tombolo di Montaletto al termine della forestale: l'iniziale Monte Setole giudicato troppo lontano e con troppe nubi che girovagano nel cielo trentino.
La forestale sbuca sotto Malga Piana e da lì inizia l'innevamento, per cui calziamo i ramponcini e ci divertiamo sulla neve dura, tesa dall'aria rimasta fredda pur senza essere ghiacciata. Siamo i primi ad avventurarci, i pendii sono immacolati.






Francamente la mia parte razionale mi indirizzava verso il Tombolo, il mio desiderio continuava a guardare un pendio erto che portava a una croce di vetta: cercavo di resistere, di deviare verso dove immaginavo ci fosse il Tombolo, cercando di scorgere il capitello che ne identificava l'esistenza ma quel pendio, lo scricchiolio della neve morsa dal ramponcino mi faceva tenere una rotta ondeggiante sì, ma diretta verso la vetta.
Il sole, atteso alla partenza, incendiò di colori le montagne e la destinazione non poteva che essere il Monte Setole.
L'obiettivo non è importante, in sè, ma tutto in quel giorno è sentito intensamente, vissuto con un ruggito interiore, il nemico da sconfiggere non è la montagna no... è molto più a sud, a margine della nostra visuale: a casa.
Giungere fin là, giungere oltre il prefissato ha un significato che solo in quel giorno ha valore.





Tornar giù un attimo, godere della cortesia della malga un premio... gli amici una costante certezza.







Prima di rientrare l'aria s'è condensata in piccole particelle di neve, il micromondo di quel giorno stava mutando.
Al rientro anche il nostro era mutato, drammaticamente come le ferite inferte al bosco appena percorso... in attesa, ora, che ci venga data l'opportunità d'essere migliori.

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